TRUMP, MELONI E LA LEZIONE DI COMUNICAZIONE DALLA MORTE DI CHARLIE KIRK

A pochi giorni dalla tragica morte di Charlie Kirk vediamo come i politici hanno comunicato le loro opinioni sul grave fatto, perché si è trattato di un omicidio politico e quindi la politica se n'è dovuta occupare.

di Adolfo Tasinato

9/19/20254 min read

di Adolfo Tasinato

A pochi giorni dalla tragica morte di Charlie Kirk vediamo come i politici hanno comunicato le loro opinioni sul grave fatto, perché si è trattato di un omicidio politico e quindi la politica se n'è dovuta occupare.

La comunicazione come noto ha un ruolo fondamentale a supporto dell'azione politica. Sicuramente non si vincono le elezioni solo grazie ai social e agli altri media ma certamente comunicare male è un errore che si paga a caro prezzo.

La morte violenta di Charlie Kirk non è solo un fatto di cronaca nera. È un evento politico a tutti gli effetti.

Kirk era un personaggio pubblico, legato all’universo conservatore americano e il suo assassinio non poteva non entrare con forza nel dibattito politico, prima negli Stati Uniti e subito dopo in Italia.

Donald Trump, abilissimo nello sfruttare ogni evento per rimanere in tendenza sui media, è stato il primo a dettare la linea: accusare la sinistra di alimentare l’odio. Con toni duri, evocando “radicali pazzi”e bandiere bruciate, ha trasformato un lutto in un atto d’accusa.

Non un’uscita istintiva, ma l’avvio di una narrazione precisa e un messaggio netto: la violenza politica viene da sinistra.

Giorgia Meloni non si è limitata a ripetere quella cornice. Ha adattato il messaggio al contesto italiano, sostenuta da un dossier che raccoglie tanti episodi di violenza contro la destra.

Il Presidente del Consiglio ha parlato di “anni di piombo”, accusando la sinistra non solo di minimizzare, ma addirittura di giustificare l’omicidio. Qui sta la forza della comunicazione di destra: coordinata, documentata, capace di trasformare subito un fatto in un frame politico condiviso da tutto il partito.

E di argomenti a supporto la Meloni ne ha molti riguardanti la violenza con matrice di sinistra, cominciare dai tanti giovani di destra uccisi nelle strade o davanti le sezioni solo perché appartenenti ad una diversa parte politica pienamente legittimata a sedere in Parlamento e che aveva il consenso di alcuni milioni di italiani. Dall'altra parte, invece, abbiamo avuto Brigatisti rossi che dopo essersi macchiati di omicidi sono stati ospitati nelle Università italiane a tenere conferenze ai giovani.

La sinistra italiana, al contrario della destra, sulla vicenda Kirk si è fatta trovare spiazzata. I timidi messaggi iniziali di cordoglio sono stati rapidamente seguiti da accuse alla destra di “cavalcare

” la tragedia. Un riflesso tipico: mettere in discussione la legittimità della narrazione avversaria invece di costruirne una propria. Tra l'altro è risultato presto evidente che gran parte degli intellettuali o presunti tali vicini alla sinistra, Kirk neanche lo conoscevano essendo loro avanti negli anni e lui un beniamino dei ventenni americani.

Non è un dettaglio: il risultato è che Meloni ha saputo incarnare il ruolo di chi difende il valore della democrazia e del rispetto, mentre gli avversari sono sembrati cinici, più preoccupati di svelare l’operazione comunicativa che di condannare la violenza.

Negli Stati Uniti, l’unico leader progressista ad aver trovato un equilibrio è stato Bernie Sanders, che ha scelto un tono solenne, non polemico, ribadendo i principi democratici e condannando la violenza politica come minaccia alla libertà. Una comunicazione che dà credibilità.

Ma in Italia questo approccio non c’è stato: il centrosinistra è caduto nella trappola di reagire con indignazione, alimentando il frame della “sinistra che minimizza” e quindi di fatto giustifica persino il barbaro omicidio di un ragazzo 31enne colpevole di avere successo per le sue idee politiche.

La sinistra ha un problema culturale che viene da lontano e negli ultimi anni si sta manifestando sempre di più. Una presunta superiorità morale delle proprie idee, per cui i propri principi rappresentano il bene assoluto e quelli degli avversari sono il male a prescindere, chi le pronuncia viene etichettato come pericoloso fascista/nazista che non ha diritto ad esprimersi e diventa una minaccia per la democrazia.

Lo abbiamo visto spesso anche in campagna elettorale.

È un problema che tocca tutti i livelli a sinistra, dai militanti più estremisti agli intellettuali e giornalisti schierati. Lo dimostrano i commenti che abbiamo sentito in questi giorni su Kirk. Fatta eccezione per il Consiglio regionale dell'Emilia Romagna che ha invece osservato un minuto di silenzio in memoria del giovane statunitense.

Per la destra è un 'occasione unica per ribaltare la narrazione e giustamente la stanno sfruttando.

La differenza sostanzialmente è qui: la destra ha saputo alternare durezza e moderazione, indignazione e messaggi istituzionali, costruendo una narrazione che non spaventa ma rassicura la propria base e si rivolge a tutti i cittadini.

La sinistra, invece, è rimasta intrappolata nella presunta superiorità morale delle proprie idee: se le nostre sono “il bene”, quelle dell’avversario sono per forza “il male”. È un atteggiamento che impedisce di comunicare empatia e che, di fatto, rafforza la destra. Per Meloni, il suo Partito e i suoi alleati, questo è un momento strategico: ribaltare l’antico stigma della violenza “tutta a destra” e mostrare che l’odio può venire anche dall’altra parte.

Non è solo propaganda, è un operazione di lungo periodo che probabilmente mira anche a demolire quel clima da guerra civile tra italiani, che va avanti dalla fine del secondo conflitto mondiale. La bontà della comunicazione delle destra è confermata anche da un sondaggio di queste ore di Termometro Politico secondo il quale, per la maggioranza degli italiani, la violenza politica è più probabile che venga da sinistra che da destra.

Per la sinistra, incapace di trovare un linguaggio diverso dall’antagonismo frontale, la gestione dell'omicidio Kirk, si è rivelata una sconfitta a livello comunicativo che rischia di pesare anche in seguito.