

di Adolfo Tasinato
In un'epoca in cui le leadership politiche sembrano bruciare in fretta, consumate da cicli mediatici sempre più brevi e da un elettorato volubile, Giorgia Meloni rappresenta un’anomalia. A metà del suo mandato da Presidente del Consiglio, la leader di Fratelli d’Italia continua a godere di un consenso solido.
I sondaggi registrano un incremento del 5% rispetto alle politiche del 2022: un risultato raro per un partito al governo. Più che un semplice dato statistico, è il segno di una connessione emotiva con l’elettorato che non si è affievolita, anzi sembra essersi trasformata da emozione passeggera a sentimento duraturo.
Ma qual è il segreto della tenuta mediatica e politica di Meloni in un contesto che, solo pochissimi anni fa, vedeva i leader politici scalare le classifiche di gradimento per poi cadere nell’oblio con la stessa velocità? Ricordo ad esempio Matteo Renzi, il Movimento 5 stelle, lo stesso Salvini con la Lega.
La risposta non sta soltanto nei fattori esterni quali potrebbero essere la debolezza dell'opposizione o il favore di un vento ideologico che soffia da destra in buona parte dell’Occidente, ma soprattutto in un insieme di scelte comunicative e strategiche che delineano una leadership costruita con attenzione, pazienza e una capacità non comune di parlare all’immaginario collettivo.
Autenticità come asset
Il primo elemento che salta agli occhi è l’autenticità. Giorgia Meloni è percepita come credibile, coerente con se stessa, riconoscibile in ogni contesto. Che sia un vertice internazionale o una visita a una fiera di paese, il suo stile resta immutato. La “Giorgia” della campagna elettorale non è scomparsa sotto il peso del ruolo istituzionale: vive ancora nella “Meloni” premier.
Questa continuità rafforza il legame con il pubblico e lo rende più profondo. Non è un dettaglio da poco in un’epoca in cui molti leader si trasformano radicalmente una volta al potere, perdendo quel contatto diretto e immediato con i cittadini.
Una regola importante per un partito politico è mantenere sempre saldo il legame con la base e con la propria identità. E' importante allargare il consenso ma guai a ritrovarsi nella terra di mezzo o meglio di nessuno dove non sei più ciò che eri e non sei nemmeno qualcosa di diverso ma ben identificabile. E' uno dei motivi di certe clamorose cadute verticali che abbiamo potuto osservare anche in Italia
L’autenticità non è solo un fatto di linguaggio o immagine, ma anche di narrazione personale. Giorgia Meloni non ostenta il suo essere la prima donna a guidare un governo nella storia repubblicana italiana, ma lo incarna con naturalezza. La sua storia di riscatto, di determinazione, di radici popolari e percorsi fuori dall’élite rafforza il suo profilo di leader "vicina alla gente", capace di parlare anche a chi non l'ha votata.
In un tempo dominato dalla frenesia e dall’ansia di visibilità, Meloni ha dimostrato una virtù sempre più rara in politica al tempo dei social: la pazienza. Non ha accelerato la sua ascesa, ma l’ha costruita nel tempo, partendo da posizioni marginali e riuscendo a crescere progressivamente fino al vertice.
Questa attitudine si riflette anche nel modo in cui governa e comunica: nessuna rincorsa all’annuncio a effetto, nessuna isteria mediatica. Il suo è un ritmo lento ma costante, che trasmette solidità e controllo. E questo, in un contesto segnato da instabilità cronica, può diventare un vantaggio competitivo.
Abilità innate di Giorgia, lunghissima esperienza di militanza politica ma anche ottimi maestri che l'hanno cresciuta e formata politicamente. Un mix di elementi che le hanno dato un bagaglio di competenze e una personalità che le consentono di dominare la scena anche a livello mediatico.
Uno dei rischi maggiori per un leader contemporaneo è la sovraesposizione. Viviamo immersi in un flusso continuo di contenuti in cui ogni parola rischia di essere consumata in poche ore. La cosiddetta “dopamina comunicativa”, quella scarica di eccitazione che molti politici cercano di somministrare ogni giorno per restare al centro dell’attenzione, vediamo ad esempio i post coi video dei politici del M5S sempre molto aggressivi e polarizzanti ma è un’arma a doppio taglio: dà visibilità, ma logora. Meloni sembra averlo capito.
Pur occupando naturalmente il centro della scena, seleziona con cura gli interventi pubblici, dosa i toni, evita la spettacolarizzazione. Merito ovviamente anche del suo staff di comunicazione digitale formato da persone competenti e ben organizzate. La sua comunicazione è ritmica: alterna il registro istituzionale e razionale con quello personale e identitario. Parla alla mente, ma non dimentica il cuore. Racconta episodi familiari, ricordi, riferimenti culturali che creano empatia; poi ritorna sui temi forti del suo elettorato, l'identità, la sovranità, la sicurezza, che generano attenzione e mobilitazione. È una “terapia del caldo-freddo” che mantiene viva l’attenzione senza logorare il personaggio.
La gestione del perimetro politico
Meloni è riuscita finora a mantenere coesa una maggioranza abbastanza eterogenea, evitando quelle fratture interne che hanno storicamente logorato altri governi. La sua capacità di controllo del perimetro politico è cruciale. Tiene a bada le intemperanze degli alleati, gestisce le divergenze con fermezza ma senza eccessi muscolari e soprattutto si presenta sempre come il punto di riferimento, il baricentro della coalizione, un po come dire “ragazzi di me non ne potete fare a meno”.
In questo quadro, l’assenza di scivoloni grossolani o di guerre intestine è parte integrante della sua leadership: non si limita a rappresentare un’area politica, ma ne diventa la sintesi. In un Paese abituato alla frammentazione, questo messaggio di stabilità rassicura e fidelizza.
Un esempio recentissimo e significativo di questa abilità comunicativa è l’incontro con Donald Trump alla Casa Bianca. Un passaggio delicato e tutt’altro che scontato, sia per i contenuti politici che per la portata simbolica. Eppure, Giorgia Meloni ne è uscita rafforzata su più fronti: ha saputo tutelare gli interessi italiani, tessere sponde per l’Unione Europea e, nel frattempo, consolidare la propria immagine internazionale.
A colpire è stato non solo il risultato concreto, con Trump che ha dichiarato l’intenzione di trovare un accordo sui dazi con l’Europa e di venire a Roma per un vertice anche con la UE, ma anche la gestione della scena. Il leader americano ha riservato parole di grande stima: “Una persona eccezionale… una dei veri leader del mondo… sta facendo un lavoro eccezionale in Italia”. Non si tratta solo di complimenti: sono riconoscimenti pubblici che rafforzano la sua immagine di leader globale e pragmatica.
Dando uno sguardo alle tendenze su X a ridosso dell'incontro troviamo il termine “Meloni” in circa 300.000 post solo in Italia, “Giorgia Meloni” con 150.000, “Giorgia” con 160.000 insomma una Premier che avuto grandissima attenzione mediatica.
Se analizziamo le reazioni espresse dagli italiani sui social nei confronti di Giorgia Meloni, nelle ore precedenti e successive all’incontro con il presidente Trump, queste esprimono un sentiment positivo del 54%, che è un dato di tutto rispetto.
Forte aumento dei follower su Instagram, Facebook ed X ma anche YouTube e TikTok hanno registrato un incremento degli iscritti ai due canali. Come noto non vi è automatismo tra numero dei follower e consenso ma è sicuramente un passo importante per fidelizzare gli utenti sperando poi in un aumento reale del consenso.
I grandi temi che dominano l’agenda, sicurezza, migrazioni, energia, relazioni internazionali, sono oggi sempre più sovranazionali. È un terreno sul quale il Presidente del Consiglio si muove con disinvoltura e che le consente di costruire una narrazione valoriale chiara e accessibile: difesa della civiltà occidentale, centralità della persona e della famiglia, sovranità energetica e produttiva, equilibrio nei rapporti con il Sud globale. Non si limita a gestire l’esistente: prova a ridefinirlo.
Giorgia Meloni non è soltanto la prima donna a Palazzo Chigi. È la protagonista di una nuova forma di leadership comunicativa, che unisce autenticità, controllo, visione strategica e capacità di adattamento al contesto. In un’epoca segnata da fragilità politiche e da un continuo ricambio di volti, è riuscita, finora, a consolidare la propria posizione. E a trasformare il suo rapporto con l’elettorato in qualcosa che va oltre il consenso: in una forma di fedeltà affettiva, destinata a durare.
Almeno finché saprà mantenere quel delicato equilibrio tra presenza e misura, calore e freddezza, istituzione e identità. E a guardarsi le spalle da certi buchi neri del cosiddetto deep State e da certi potentati al di fuori dei nostri confini ma questo ha poco a che fare coi media ed anche con la politica seria. Per consolidare il consenso sarà anche importante ribadire la leadership anche sulle più spinose questioni interne come la Sanità pubblica ma senza farsi coinvolgere dagli schiamazzi di una opposizione che non sa più a cosa attaccarsi, anche perchè una leadership nel cosidetto campo largo non c'è non essendoci un leader.
Quel che è certo è che il Presidente del Consiglio ha definitivamente seppellito anche le ultime diffidenze di quelli che, subito dopo il suo arrivo a Palazzo Chigi, temevano una pericolosa perdita di credibilità internazionale per l’Italia