L'IMPATTO DI SMARTPHONE E SOCIAL SULLE CAPACITÀ COGNITIVE DEI GIOVANI
Negli ultimi anni, il termine "demenza digitale" è diventato sempre più presente nel dibattito pubblico, sollevando preoccupazioni riguardo all'impatto che l'uso intensivo degli strumenti digitali, in particolare smartphone e social media, ha sulla nostra mente
TECNOLOGIA
Adolfo Tasinato
9/25/20246 min read


di Adolfo Tasinato
Negli ultimi anni, il termine "demenza digitale" è diventato sempre più presente nel dibattito pubblico, sollevando preoccupazioni riguardo all'impatto che l'uso intensivo degli strumenti digitali, in particolare smartphone e social media, ha sulla nostra mente. L'avvento della tecnologia digitale ha senza dubbio rivoluzionato il modo in cui viviamo e comunichiamo, ma, parallelamente, ha introdotto una serie di problemi e sfide, soprattutto per le generazioni più giovani.
La demenza digitale si riferisce a un insieme di sintomi cognitivi causati dall’uso prolungato di dispositivi digitali e dall’esposizione costante a stimoli online. A differenza della demenza tradizionale, che si sviluppa in genere con l'invecchiamento, la demenza digitale può colpire anche i giovani e si manifesta con una riduzione della capacità di concentrazione, problemi di memoria e difficoltà nell'elaborazione delle informazioni.
L'uso massiccio dei social
Secondo uno studio dell'Università di Bonn, una persona controlla il proprio smartphone in media 80 volte al giorno. Questo dato potrebbe sembrare esagerato, ma riflette una realtà sempre più diffusa: viviamo immersi in un flusso continuo di notifiche, aggiornamenti e stimoli digitali. Le generazioni più giovani, in particolare, sono cresciute in un contesto in cui la tecnologia è onnipresente. Secondo una ricerca condotta da Common Sense Media, i ragazzi tra i 13 e i 18 anni passano in media quasi 7 ore al giorno sugli schermi, esclusi i momenti dedicati allo studio o ai compiti scolastici.
La facilità con cui possiamo accedere a informazioni e contenuti di intrattenimento ha certamente i suoi vantaggi, ma comporta anche conseguenze negative. Uno degli aspetti più preoccupanti è la perdita della capacità di concentrazione. Il nostro cervello, costantemente interrotto da notifiche e richieste digitali, fatica a mantenere la focalizzazione su un compito per un periodo prolungato.
Questo fenomeno è noto come “attenzione frammentata” e si riflette nella difficoltà crescente di molti giovani nel portare a termine attività che richiedono un impegno mentale continuo, come la lettura o lo studio.
Le conseguenze cognitive: perdita di memoria e capacità di attenzione
Diversi studi scientifici hanno dimostrato che l’uso eccessivo di smartphone e social media ha effetti negativi sul cervello, in particolare sulla memoria e sulla capacità di attenzione. Un’importante ricerca condotta dall'Università della California ha dimostrato che il multitasking digitale, ovvero il passaggio rapido e continuo tra diverse attività digitali, riduce significativamente la capacità del cervello di filtrare le informazioni rilevanti. Questo non solo porta a deficit nella memoria a breve termine, ma rende anche più difficile la costruzione di una memoria a lungo termine.
Inoltre, la continua stimolazione digitale porta a una riduzione della capacità di concentrazione. Gli individui, soprattutto i più giovani, abituati a ricevere gratificazioni immediate attraverso like, commenti o notifiche, fanno sempre più fatica a impegnarsi in attività che richiedono uno sforzo mentale prolungato.
Questo comporta una dipendenza dalla stimolazione costante, che a sua volta peggiora la capacità di riflettere, analizzare e risolvere problemi complessi.
Il professor Manfred Spitzer, autore del libro Demenza digitale, sostiene che l'uso eccessivo di tecnologia possa causare danni cerebrali simili a quelli della demenza. Il cervello umano, infatti, si sviluppa e si mantiene attivo attraverso l’esercizio cognitivo, ma l’uso passivo e ripetitivo dei dispositivi digitali riduce l’esercizio delle funzioni cognitive più complesse.
Gli effetti psicologici: ansia, depressione e isolamento
Oltre ai problemi cognitivi, l’uso dei social media ha dimostrato di avere un impatto significativo sulla salute psicologica, in particolare tra gli adolescenti. Secondo una ricerca dell'Università di Pittsburgh, l'uso intensivo delle piattaforme social è correlato a un aumento dei livelli di ansia e depressione.
Questo effetto è particolarmente evidente quando i giovani trascorrono molto tempo confrontandosi con le vite apparentemente perfette degli altri utenti. La continua esposizione a contenuti idealizzati contribuisce a sviluppare una percezione distorta della realtà, che può portare a bassa autostima, insoddisfazione e sentimenti di inadeguatezza.
Il fenomeno del FOMO (Fear of Missing Out) è un esempio concreto di come l’uso dei social possa generare ansia. Gli adolescenti, temendo di perdere esperienze o eventi significativi, si sentono obbligati a rimanere costantemente connessi, alimentando un circolo vizioso di dipendenza digitale. Questa continua connessione virtuale spesso va a discapito delle relazioni interpersonali reali, contribuendo a un senso di isolamento e alienazione.
Questi problemi sono noti già da diversi anni, oltre dieci anni fa al Policlinico Gemelli di Roma fu creata la struttura di riferimento per le dipendenze da Web con pazienti prevalentemente giovani e giovanissimi. Esperienza poi replicata in diverse città italiane.
Le soluzioni: educazione digitale e uso consapevole
La questione della demenza digitale non è facile da affrontare, ma ci sono alcune soluzioni che possono contribuire a ridurre l’impatto negativo della tecnologia sulla nostra mente. Una delle chiavi per prevenire il problema è l’educazione digitale. In molte Nazioni, sono stati avviati programmi educativi per insegnare ai giovani a utilizzare la tecnologia in modo consapevole, promuovendo un approccio più critico e attento ai contenuti digitali.
Una delle strategie più efficaci è la limitazione del tempo trascorso davanti allo schermo. Gli esperti suggeriscono di stabilire regole chiare per l’uso dei dispositivi digitali, come spegnere lo smartphone durante i pasti o prima di andare a dormire. Questo non solo aiuta a migliorare la qualità del sonno, ma riduce anche la dipendenza dalle notifiche e dai social media.
Le stesse aziende tecnologiche stanno iniziando a rispondere a queste preoccupazioni, introducendo strumenti che aiutano a monitorare e limitare l’uso dello smartphone. Funzionalità come “Tempo di utilizzo” di Apple o “Modalità benessere” di Android offrono agli utenti la possibilità di gestire meglio il tempo trascorso sugli schermi e di adottare abitudini più sane.
Fondamentale è il ruolo educativo della famiglia ma qui emerge un altro problema serio che riguarda la scarsa competenza dei genitori in merito al problema e alle possibili soluzioni. Sarebbe pertanto importante che le Istituzioni pubbliche si occupassero del problema in modo pragmatico e strutturale.
Le statistiche mostrano che il disagio, fatto di ansia, depressione, autolesionismo, disturbi alimentari, ritiro sociale, ideazione suicidaria, suicidi tentati e riusciti, aumentano man mano che si scende nelle fasce di età più giovani, fino agli adolescenti, e che i rischi maggiori li corrono le ragazze.
Recuperare la generazione Z (i nati fra il 1997 e il 2012) è in gran parte una missione impossibile, perché la loro socializzazione scolastica fondamentale è avvenuta in gran parte nelle modalità descritte dallo psicologo Jonathan Haidt, con i ragazzi immersi nei videogiochi e la pornografia e le ragazze alle prese coi social e sexting.
Se si vogliono limitare gli inconvenienti dello smartphone è agli adolescenti della generazione alpha (nati dal 2012 a oggi) che ha senso rivolgersi, perché per molti di loro l’esposizione ai social è ancora ridotta per ovvie ragioni di età.
Ma c’è qualcosa che si può fare?
Ingenuamente, i firmatari della tardiva petizione lanciata di recente si rivolgono al governo auspicando interventi che impediscano l’uso dello smartphone prima dei 14 anni e l’accesso ai social prima dei 16. Ma l’appello non tiene conto di due circostanze.
La prima è che, già solo per ragioni tecnologiche e di giurisdizione (le grandi piattaforme non sono basate in Italia), limitare l’accesso ai social con divieti e sanzioni è praticamente impossibile. La seconda è che, come sottolineato dallo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini, il vero problema sono gli adulti: come facciamo a negare credibilmente lo smartphone ai nostri figli o allievi se siamo noi stessi che ne facciamo un uso smodato e spesso anche narcisistico?
Molti adulti si rifugiano dietro la scusa “non posso togliere il telefonino a mio figlio perché nella sua classe sarebbe l’unico a non averlo”. Ma la ragione vera è che quasi nessun adulto è disposto a dare l’esempio, anche quando capisce che sarebbe la misura più efficace.
Importante anche il ruolo che può svolgere la Scuola indirizzando i giovani ad un uso consapevole degli strumenti digitali, facendo apprezzare l’utilità di strumenti coinvolgenti come la realtà virtuale ed il metaverso per lo studio, ad esempio, delle scienze ma anche dell'arte e della cultura in generale. Insomma consapevolezza, competenza e uso utile per evitare un utilizzo compulsivo e dannoso di certe tecnologie, come sottolinea l'On. Federico Mollicone, Presidente della Commissione VII della Camera dei Deputati: "La rete e le nuove tecnologie possono rappresentare una risorsa solo se usate con consapevolezza".
Sempre L'On. Mollicone, nei mesi scorsi, ha annunciato la stesura di una risoluzione in VII Commissione con la quali si impegna la RAI a fare operazioni crossmediali di produzioni su questi temi, destinate soprattutto ai più giovani, lavorando di concerto con le famiglie e la scuola. "Il mio invito è di usare i Social Network, ma con la testa” il consiglio quanto mai utile del Presidente della Commissione che tra le tante competenze si occupa anche di Istruzione.
Anche l’interazione sociale reale è un antidoto potente alla cosiddetta demenza digitale. Incoraggiare i giovani a trascorrere più tempo in attività offline, come sport, lettura o conversazioni faccia a faccia, può aiutare a riequilibrare l’impatto della tecnologia sulla loro vita.
Il problema esposto rappresenta una delle sfide più complesse della nostra epoca, soprattutto per le generazioni cresciute con la tecnologia. Sebbene smartphone e social media abbiano rivoluzionato il nostro modo di vivere, è essenziale riconoscere i pericoli legati al loro uso eccessivo.
Solo attraverso un approccio consapevole e una maggiore educazione digitale possiamo sperare di mitigare gli effetti negativi di una società sempre più connessa ma formata da persone sempre più sole, proteggendo le capacità cognitive e il benessere mentale delle future generazioni.
Ricordiamoci che siamo passati velocemente dalla generazione che usava il telefono fisso alla generazione che fissa il telefono, spesso inutilmente come fosse un specchio nel quale riflettersi piacendosi.