di Adolfo Tasinato
Il panorama mediatico italiano, caratterizzato almeno in parte da una forte polarizzazione ideologica, offre un esempio lampante di distorsione dell’informazione nella sua copertura su Donald Trump. Il neo presidente americano, demonizzato senza sosta dai media progressisti italiani, è divenuto il simbolo di una narrativa preconfezionata che si ripete con monotona prevedibilità.
Di seguito alcune dichiarazioni esemplificative di esponenti o tifosi della sinistra; Rosy Bindi si dice umiliata dalla presenza di Giorgia Meloni all'insediamento di Trump, Roberto Saviano se la prende con Elon Musk auspicando addirittura una sua fine violenta, Ilaria Salis definisce inquietante la presenza della Meloni alla cerimonia di Washington.
Una recente dichiarazione dello scrittore Jonathan Safran Foer, che accomuna Trump a Netanyahu, Putin e Meloni definendoli "sintomi di un malanno universale", ha trovato ampio spazio nei media di sinistra. Questo tipo di affermazione riflette non solo un’ossessione per la demonizzazione di figure politiche considerate scomode, ma anche la mancanza di un’analisi oggettiva sulle politiche adottate da tali leader.
Questa narrativa è il risultato di un approccio mediatico unidimensionale, che ignora deliberatamente ogni aspetto positivo o rilevante delle politiche di Trump, concentrandosi esclusivamente sugli aspetti controversi. In questo modo, si rafforza una visione caricaturale e distorta, utile solo ad alimentare pregiudizi ideologici.
Propaganda travestita da giornalismo
Il vero problema risiede nella crescente difficoltà dei media (e dei politici di sinistra) nel distinguere l’informazione dall’opinione. Il loro obiettivo non è quello di informare, ma di manipolare l’opinione pubblica per consolidare una visione del mondo polarizzata. L’uso di linguaggio emotivamente carico e la selezione tendenziosa delle notizie ne sono esempi lampanti.
Basti pensare a come vengono sistematicamente ignorati gli indicatori economici positivi registrati durante la presidenza Trump o le sue iniziative di politica estera che hanno portato risultati concreti. I media si concentrano invece su scandali, dichiarazioni estrapolate dal contesto e polemiche, dipingendo una realtà deformata che soddisfa la loro agenda ideologica.
La sinistra e la perpetua ricerca del nemico
Non so con quale coraggio molti commentatori duri, puri e di incrollabile fede sinistrorsa possano dichiarare che le destre abbiano sempre il bisogno di crearsi dei nemici da combattere. Forse si guardano allo specchio mentre esprimono questa affermazione. In realtà stanno parlando di se stessi.
In effetti è proprio il fondamento della sinistra quello di procurarsi sempre e comunque un nemico. Quando il concetto di "sinistra" si affermò per la prima volta, immediatamente dopo la Rivoluzione francese, a dichiararsi tali furono coloro che individuavano nemici tra chi aveva condiviso i motivi di un cambiamento di regime ma si mostravano troppo moderati. Per loro i "moderati" erano nemici. Da allora in poi, la ragione di esistere di chi si dichiara di sinistra è quella di individuare negli altri le cause dei mali del mondo.
Il mondo non funziona perché a guidarlo sono gli altri. Tutto funzionerebbe alla perfezione se al loro posto ci fossero le persone che detengono le chiavi del bene, e cioè, essi stessi. La sinistra rappresenterebbe questo bene: il progresso, l’eguaglianza, la giustizia, l’equità sociale, la difesa dei deboli, il benessere comune. Tutti gli altri difendono interessi indicibili, privilegi e vantaggi ingiustificabili. Sono questi ultimi i nemici da combattere. Non esiste altra via che il riconoscimento della superiorità intellettuale e ideale della "sinistra". Solo da questo può affermarsi un mondo migliore.
Per il PCI originario anche i socialdemocratici erano i "cani rognosi" da stanare e smascherare: dietro una parvenza progressista si celava la loro volontà di occultare il male strutturale del capitalismo e ritardare l’applicazione della ricetta risolutiva. Più avanti nella nostra Storia chi era socialista dai comunisti era considerato un nemico da eliminare, cosa in effetti accaduta.
Chi si dichiara di sinistra mette in pace la sua coscienza: se il mondo va male, la colpa è degli altri, di chi non condivide e non vuole mettere in atto le sue buone idee e le sue buone soluzioni. Parlano di inclusività ovviante escludente nei confronti di chi la pensa diversamente.
Da qui nasce l'odio nei confronti di chiunque si frapponga al giusto percorso sulla via del vero progresso. Si capisce anche l'odio preventivo e l'astio nei confronti delle destre, il disprezzo di chi le rappresenta, la volontà esplicita di abbandonare la Nazione in cui queste si affermano anche se per volontà popolare ma si sa il popolo è bravo solo quando vota a sinistra.
Qualcuno, certamente, obietterà che quest'ultima posizione sia simmetrica. E cioè che anche per la destra ci siano nemici sul fronte opposto. Certamente a destra si è convinti che la prevalenza dell'egemonia culturale di sinistra abbia creato una cappa oppressiva sotto la quale si è limitata la libertà di pensiero al di fuori di canoni imposti.
È vero. Ma è vera anche la cappa. E, soprattutto, non vedo chi, a destra, dichiari di voler lasciare l'Italia per non respirare la stessa aria del nemico e per tenersi lontani dall'inciviltà altrui, come hanno dichiarato alcuni personaggi di fede sinistrorsa.
L’abbandono dell’interesse nazionale
Ora la sinistra italiana che sovrappone il nome di Giorgia Meloni a quello di Trump, invece di fare il tifo per l’Italia, lo farà forse per la Francia, per la Germania di Scholz, per quelli che loro ritengono i bravi e i buoni. Dimenticando, però, che sono stati boicottati dagli elettori, che meriterebbero almeno rispetto, visto che si riempiono la bocca con la parola democrazia!
Un’eredita del sensazionalismo
Questa tendenza è amplificata nell’era dei social media, dove la velocità della comunicazione ha sostituito la profondità dell’analisi. L’approccio dei giornali di sinistra è simile a quello delle “echo chambers” online, dove l’audience è costantemente esposta a contenuti che confermano le proprie convinzioni preesistenti. Questa pratica non solo mina la qualità dell’informazione, ma contribuisce a un dibattito pubblico sempre più povero e divisivo.
La responsabilità del giornalismo
Un giornalismo rigoroso dovrebbe fornire ai cittadini gli strumenti per analizzare criticamente la realtà. Invece, i media progressisti italiani sembrano aver abdicato a questo ruolo, scegliendo di diventare megafoni di una propaganda ideologica che li rende sempre meno credibili.
È essenziale che si torni a un’informazione equilibrata, capace di distinguere tra i fatti e le opinioni. Ciò non significa evitare di criticare Trump o qualsiasi altra figura politica controversa, ma farlo in modo costruttivo e basato su analisi concrete piuttosto che su slogan preconfezionati.
La copertura mediatica italiana su Donald Trump non è altro che lo specchio di una crisi più ampia del giornalismo politico. La demonizzazione sistematica di una figura politica, senza una reale analisi delle sue politiche, è sintomatica di un’informazione che ha perso la sua vocazione principale: aiutare i cittadini a comprendere il mondo.