COME GIORGIA MELONI HA CONQUISTATO IL TEMPO

Tra leadership, equilibrio e vuoto a sinistra, la premier sfida la legge di gravità del consenso

POLITICA E SOCIETÀ

Adolfo Tasinato

10/24/20254 min read

Tra leadership, equilibrio e vuoto a sinistra, la premier sfida la legge di gravità del consenso.

Tre anni dopo la vittoria elettorale del 2022, Giorgia Meloni continua a battere un record dopo l’altro. Non solo il suo governo è ormai il terzo più longevo della storia repubblicana, dietro solo ai due esecutivi Berlusconi, ma la premier conserva una fiducia personale stabile e sorprendentemente alta. Un’anomalia politica, quasi un esperimento europeo vivente: mentre nel resto del continente il consenso per i governi in carica tende fisiologicamente a scendere, in Italia accade il contrario.

Secondo l’Istituto Piepoli, la fiducia nella presidente del Consiglio si aggira oggi intorno al 44%, dopo un picco iniziale oltre il 50% e una leggera flessione nel 2023. Dati confermati da Lorenzo Pregliasco (YouTrend), che parla apertamente di “fenomeno raro in Europa”: solo in Italia e Polonia, nelle ultime tornate elettorali, le aree di governo sono cresciute. In Francia, Germania, Spagna, Svezia, la curva dei consensi post-elezione è sempre discendente. Qui no. (Fonte: Comunicazione politica podcast di Marco Venturini)

Come si spiega questo “effetto Giorgia Meloni”? Ci sono almeno tre fattori.

1. La comunicazione ibrida. Meloni ha trovato un equilibrio che nessun altro leader sovranista in Europa era riuscito a mantenere: un linguaggio diretto, identitario, che parla alla pancia degli elettori, e una postura istituzionale capace di rassicurare. Non si è trasformata in una tecnocrate neutra, ma ha limato le spigolosità del suo linguaggio senza snaturarsi. È rimasta riconoscibile, ma credibile nelle sedi internazionali. È la chiave della “istituzionalizzazione senza anestesia”.

2. Il tempo come alleato. Antonio Noto osserva che la premier è riuscita a far sparire il concetto del “tutto e subito”. Gli elettori le concedono tempo, credono che “qualcosa stia per avvenire”. È un risultato comunicativo notevole: la promessa è ancora viva, anche se molti risultati concreti ancora mancano. Meloni ha conquistato il bene più raro della politica: la pazienza del proprio elettorato. In un’epoca di impazienza cronica, la stessa che decreta il successo delle consegne di Amazon o i video da 30 secondi sui social, è un piccolo miracolo.

3. Il vuoto a sinistra. Il campo largo non appare, oggi, un’alternativa credibile. I toni di Elly Schlein e Maurizio Landini, percepiti come incendiari, non conquistano il ceto medio moderato. La sinistra continua a replicare, spesso, gli schemi linguistici del cosiddetto populismo che vorrebbe combattere, cadendo nella trappola descritta da George Lakoff: chi copia i frame dell’avversario perde la battaglia del senso. Finché non emergerà un leader forte, l'altra faccia della medaglia del consenso resterà sguarnita.

La sinistra sa che Giorgia Meloni a livello di leadership e abilità politica è ora imbattibile e per questo mobilita gli amici sulle tv, sui giornali e alza i toni attribuendo alla Premier atteggiamenti e toni anti democratici o addirittura violenti. E' una implicita ammissione di debolezza che viene colta dagli stessi sostenitori della sinistra.

Per quanto riguarda il Movimento 5 stelle la loro comunicazione evoca la peggiore gazzarra da social con l'uso di termini denigratori e offensivi nei confronti della Presidente del Consiglio. Può piacere ai fedelissimi ma non va oltre.

E poi c’è la dinamica interna al centrodestra. Nonostante gli attriti (vedi il caso Zaia in Veneto o le frizioni con Salvini su Vannacci), la coalizione regge. Finché Lega e Forza Italia resteranno deboli nei sondaggi, nessuno avrà interesse a far saltare il tavolo. La stabilità è anche frutto di rapporti di forza: quando i partner sono troppo piccoli per insidiare il leader, il leader può stare tranquillo.

Naturalmente non è tutto oro ciò che luccica. Il gradimento sull’operato del governo, spiega Pregliasco è più basso di quello sulla figura della premier. Poco oltre il 40% approva le politiche dell’esecutivo: segno che siamo in un’epoca di “partiti personali”, dove la fiducia nel leader non coincide più con la fiducia nel suo governo. Gli italiani giudicano la persona più che il programma, un tratto che accomuna Meloni, Macron (ma questi è in caduta libera), e perfino Trump.

Il prossimo banco di prova sarà il referendum sulla riforma della giustizia: ogni consultazione, si sa, diventa un voto pro o contro il governo come avvenuto per il referendum sul lavoro e cittadinanza. E all’orizzonte restano nodi strutturali come i salari bassi, la sanità, problemi di non facile soluzione in un contesto di vincoli UE e che potrebbero, insieme a situazioni come il perdurare della guerra in Ucraina, erodere lentamente il capitale di fiducia accumulato.

Un altro tema importante potrà essere il nuovo assetto che dovrà assumere la UE che nella configurazione attuale appare allo stato terminale. Vedremo come il partito di Giorgia Meloni saprà cogliere questa nuova opportunità.

Ma per ora, la Meloni ha fatto qualcosa che in Italia non riusciva più a nessuno da vent’anni: trasformare il consenso in durata. Ha conquistato il tempo e il tempo, in politica, è una misura significativa del potere. La partita, semmai, è capire quanto ancora saprà mantenerlo prima che, come sempre, il tempo ricominci a scorrere contro.

Ma la capacità della Premier di essere al contempo leader istituzionale e politico militante, di agire da protagonista sulla scena internazionale e nazionale, di saper offrire una visione alla Nazione arricchita da sani ideali senza però dimenticare i problemi della vita di tutti i giorni, sono elementi solidi che possono contribuire a consolidare il consenso. Possono altresì alimentare ulteriori tensioni e attriti nel cosiddetto campo largo, che comunica sistematicamente tutte le sue contraddizioni e incoerenze e in politica l'incoerenza è spesso fatale. In conclusione quello che abbiamo visto in questi tre anni di Governo di centrodestra è che Giorgia Meloni dirige abilmente l'orchestra e come noto chi dirige l'orchestra sceglie la musica, gli altri si devono adeguare.