GUERRA HAMAS-ISRAELE: LA TRAGEDIA E LA POLEMICA STRUMENTALE IN ITALIA

Mentre a Gaza si consuma una guerra sanguinosa, in Italia l’opposizione attacca il governo Meloni accusandolo di complicità. del post del blog.

POLITICA E SOCIETÀ

Adolfo Tasinato

5/23/20255 min read

di Adolfo Tasinato

Mentre a Gaza si consuma una guerra sanguinosa, in Italia l’opposizione attacca il governo Meloni accusandolo di complicità. Ma cosa c’è davvero dietro la narrazione di “genocidio” e chi sono gli attori in campo?

La guerra in corso tra Israele e Hamas, con il drammatico tributo di sangue imposto alla popolazione civile della Striscia di Gaza, è diventata in Italia, come spesso accade, terreno di scontro politico più che occasione di seria riflessione. L’ennesimo teatro di propaganda dove il dolore altrui viene piegato a fini di parte. E non tanto, purtroppo, per difendere realmente i civili palestinesi, quanto per attaccare il Governo guidato da Giorgia Meloni.

Il lessico adottato da una certa opposizione, su tutte quella del M5s, è chiaro: genocidio. Un'accusa pesante, diretta. Israele viene dipinto come uno Stato genocida e, per riflesso, l’Italia, in quanto Nazione amica, viene rappresentata come complice. In questo schema narrativo, il Presidente del Consiglio si trasforma in una sorta di alleato silente e connivente di chi, a detta dei suoi critici, starebbe compiendo crimini di guerra.

Ma per capire davvero la portata del conflitto e il ruolo dei vari attori in campo è necessario fare un passo indietro. Israele è uno Stato sovrano, riconosciuto a livello internazionale, ma chi è realmente il suo nemico in questa guerra?

Hamas è l’acronimo di Harakat al-Muqawama al-Islamiyya, Movimento di Resistenza Islamica. Fondato nel 1987 durante la prima Intifada, Hamas è un'organizzazione palestinese dalla doppia anima: da un lato partito politico, dall’altro gruppo armato. È considerata un’organizzazione terroristica da Unione Europea, Stati Uniti, Israele e da molti altri Paesi.

Si tratta di un movimento islamista sunnita, originariamente vicino ai Fratelli Musulmani, che rifiuta esplicitamente l’esistenza dello Stato di Israele e considera tutta la Palestina come terra islamica. Il suo obiettivo è la creazione di uno Stato islamico al posto di Israele, infatti quando nel passato in alcune fasi, Israele ha accettato l'idea di uno Stato palestinese, seppur con forti limitazioni, dai palestinesi vi è stato il rifiuto di ogni trattativa.

Il suo braccio armato, le Brigate Ezzedin al-Qassam, è responsabile di una lunga scia di sangue: attentati suicidi, lanci di razzi, attacchi armati contro civili e militari israeliani. Il 7 ottobre 2023 ha messo a segno l’attacco più violento e sanguinoso mai subito da Israele nella sua storia: circa 1.200 persone uccise in maniera brutale, donne, bambini, anziani e decine di civili rapiti e portati a Gaza.

Hamas non è solo una milizia: gestisce ospedali, scuole, moschee, programmi di assistenza. Ed è proprio questo controllo capillare che gli consente di dominare la Striscia di Gaza fin dal 2007, dopo aver vinto le elezioni legislative palestinesi e aver cacciato il rivale Fatah. Il dominio non è solo politico, ma anche informativo ed economico. Le organizzazioni umanitarie internazionali sono spesso costrette a operare sotto la stretta sorveglianza di Hamas, con il risultato che molte delle informazioni che escono da Gaza sono filtrate, distorte o manipolate.

Non solo, Hamas controlla anche i fondi internazionali destinati alla popolazione palestinese. Fondi che, almeno in parte, vengono utilizzati non per migliorare le condizioni di vita della gente ma per finanziare la guerra: costruzione di tunnel sotterranei, acquisto di armi, mantenimento dell’apparato militare. E mentre le famiglie palestinesi soffrono, Hamas alimenta la spirale della violenza.

Dal 2000 al 2024, Israele ha subito oltre 30.000 attacchi terroristici. Lanci di razzi, attentati suicidi, sparatorie, accoltellamenti, incendi dolosi, assalti con veicoli. Il bilancio è pesante: più di 1.600 morti, circa 10.000 feriti e centinaia di ostaggi. La popolazione vive costantemente sotto minaccia, con rifugi antiaerei disseminati nelle città e un sistema di allarme che scandisce la quotidianità.

Hamas non si limita a combattere Israele: lo umilia. Quando alcuni ostaggi sono stati rilasciati, sono stati costretti a camminare tra ali di folla ostile, sotto tiro, in una scenografia progettata per denigrare e umiliare i prigionieri.

In questo contesto è inevitabile che la reazione israeliana sia violenta. La guerra, per definizione, è una tragedia senza regole chiare, dove i civili spesso pagano il prezzo più alto. Lo è sempre stata. Basti pensare alla Seconda Guerra Mondiale, quando gli alleati, liberando l’Italia, bombardavano le nostre città causando migliaia di vittime innocenti. Eppure nessuno parlò allora di genocidio.

Inoltre il Governo israeliano probabilmente ha paura di trovarsi in brutte acque se non dovesse uscire pienamente vincitore in questa guerra e per questo usa le maniere forti ma, cari signori, la sostanza non cambia; la guerra è guerra e non fa sconti a nessuno.

C'è anche da dire che al momento la popolazione di Israele è compatta, compattezza che deriva da decenni di stato di guerra. Certamente è auspicabile un futuro governo che si distingua per le abilità diplomatiche, una volta chiusa la crisi. Ma queste sono vicende interne allo Stato di Israele.

Il nodo politico italiano: tra accuse e ipocrisie

Di fronte a questo scenario, una parte dell’opposizione italiana ha scelto la scorciatoia della polemica. Accusare il Governo Meloni di essere complice di Israele non solo è una forzatura, ma anche una mistificazione pericolosa. Giuseppe Conte, in particolare, oggi si erge a pacifista e paladino dei diritti umani, dimenticando che da Presidente del Consiglio fu proprio lui ad aumentare le spese militari, perfino durante la pandemia.

Ci si chiede: in che modo il Governo italiano o qualsiasi altro Governo occidentale, potrebbe realmente influenzare la strategia militare di uno Stato sovrano come Israele? Con dichiarazioni di principio? Con sanzioni inefficaci che, storicamente, colpiscono più chi le impone che chi le subisce? Purtroppo al di là delle dichiarazioni di principio non ci sono soluzioni miracolose.

I rapporti tra Italia e Israele sono strategici sotto molti punti di vista: geopolitico, tecnologico, energetico. Romperli o comprometterli in nome di una sterile testimonianza ideologica non porterebbe alcun beneficio concreto alla causa palestinese. Anzi, potrebbe renderla ancora più marginale nel panorama internazionale.

Per dirla tutta credo che dei civili palestinesi importi ben poco anche ai Paesi arabi che vivono anch'essi con fastidio la situazione di conflitto con Israele, ciò alla luce del nuovo corso della strategia diplomatica di Trump con Paesi come Arabia Saudita ed Emirati Arabi.

È giusto auspicare la nascita di uno Stato palestinese, sovrano, civile, capace di garantire ai suoi cittadini sicurezza, sviluppo, diritti. Ma questo non potrà mai avvenire finché Hamas, o chi per esso, continuerà a rifiutare l’esistenza stessa di Israele. Non si può costruire uno Stato sul rifiuto dell’altro. Le iniziative unilaterali, come il recente riconoscimento da parte della Spagna, rischiano di essere controproducenti. Senza una cornice negoziale condivisa e il superamento delle logiche di distruzione reciproca, ogni tentativo di riconoscimento resterà un atto simbolico, privo di efficacia.

In definitiva, il Governo italiano non fa altro che tenere la barra dritta nella tempesta. Dialogare con Israele non significa condividere ogni scelta militare, ma riconoscere la realtà dei fatti e proteggere gli interessi della nostra Nazione. La politica estera non si fa sui social, né con le scenette in Parlamento.

Forse, anziché attaccare Meloni, alcuni leader dell’opposizione farebbero meglio a confrontarsi direttamente con Hamas. Magari proponendo uno scambio: i razzi e le armi in cambio dei banchi a rotelle o di qualche monopattino elettrico. Sarebbe grottesco, ma non più di certi teatrini a cui stiamo assistendo.

Articolo sul Nuovo Giornale Nazionale