GREEN DEAL ROMANO: MENO CO2 A PAROLE, MENO ALBERI NEI FATTI

Tra promesse ambientali e motoseghe, la Capitale perde il suo patrimonio arboreo

POLITICA E SOCIETÀ

Adolfo Tasinato

6/2/20257 min read

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di Adolfo Tasinato
Tra promesse ambientali e motoseghe, la Capitale perde il suo patrimonio arboreo
Diciottomila alberi abbattuti in tre anni fino al 2023, non ci sono dati precisi per un computo totale. Una cifra, già quella, che dovrebbe far svegliare le coscienze di chiunque abbia a cuore l'ambiente e il futuro della città eterna. Eppure, dal Campidoglio arrivano solo giustificazioni più o meno tecniche e numeri rassicuranti ma anche approssimativi, che nascondono una realtà inquietante: Roma sta perdendo la sua anima verde, che è anche anima storica e monumentale.
Mentre il sindaco di Roma parla di transizione ecologica e della necessità di ridurre le emissioni, le motoseghe lavorano senza sosta nei parchi storici e lungo le strade della Capitale. I maestosi pini di Roma, simbolo paesaggistico riconosciuto in tutto il mondo, cadono sotto i colpi di una gestione che probabilmente ha scelto di anteporre la facilità dell'abbattimento alla cura paziente del patrimonio arboreo.
Come si può parlare di lotta al cambiamento climatico mentre si distrugge sistematicamente ciò che naturalmente assorbe CO2 e abbassa le temperature? Come si può predicare sostenibilità mentre si eliminano gli alberi adulti che garantiscono ombra e refrigerio nelle torride estati ? La contraddizione è stridente e inaccettabile.
E attenzione, l'operazione di distruzione del patrimonio arboreo inizia con l'abbattimento di migliaia di pini perché malati (e non curati) ma continua con l'abbattimento di migliaia di alberi di altre specie.
L'assessorato competente vanta di aver piantato "più di 30mila alberi dal 2022", ma non dice quanti di questi alberelli sono già morti per mancanza di manutenzione. Camminando per Roma, lo spettacolo è a volte desolante: giovani piante stecchite da mesi, mai sostituite, ceppi abbandonati ovunque, marciapiedi in alcune casi devastati. E intanto, alberi rigogliosi e perfettamente sani continuano ad essere abbattuti senza spiegazioni convincenti o addirittura senza spiegazioni.
Villa Borghese, polmone verde storico della città, è diventata teatro di una vera e propria mattanza arborea. Pini "colossali", come li definiscono perfino i documenti ufficiali, vengono abbattuti con la scusa della pericolosità. Ma dove sono le perizie indipendenti? Dove sono le valutazioni alternative? Come sono state scelte le ditte che stanno operando su Roma? Che competenza hanno in materia di grandi alberi a parte il saper usare le motoseghe?
Via di San Gregorio, il Pincio, Viale delle Terme di Caracalla, Villa Ada: ogni angolo di Roma racconta la stessa storia di distruzione. Anche la pineta di Castelfusano, patrimonio naturalistico inestimabile, è stata devastata dalla cocciniglia dei pini, ma le cure perché non sono state fatte? O non hanno dato esito positivo?
Il problema della storica pineta sul litorale fu segnalato già nel 2019, come mai non si è fatto ricorso alle cure endo-terapiche? A chi è convenuto segare piuttosto che curare? Alberi piantati negli anni trenta per creare quinte scenografiche di pregio, in vari zone della città, vengono eliminati in spregio alla storia e alla bellezza della città.
La storica olmata di viale Quattro Venti a Roma non esiste più, sono stati abbattuti novanta olmi. Per quale motivo? La Soprintendenza speciale per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero della Cultura, con nota del 28 maggio 2025, ha duramente strigliato il Comune di Roma in merito a questi abbattimenti perché non informata ne coinvolta con una richiesta di parere.
Villa Glori storico parco in memoria dei fratelli Cairoli, dove ogni pino ricordava un caduto nel 1867 per la liberazione di Roma, è un altro esempio di degrado ambientale. Tantissimi pini monumentali sono morti perché non curati mentre quelli curati per iniziativa di privati cittadini sono ancora sani e belli. Su questa villa ci sono progetti di spesa per non pochi soldi che però non saranno utilizzati per ricostituire la pineta ma per creare strutture come parchi giochi per bambini, piazzali e altro cemento dove prima c'erano alberi.
Perché cosi poca trasparenza?
Non si tratta solo di alberi che, ricordiamolo, sono esseri viventi in grado di comunicare e non arredi stradali. Si tratta anche di cultura, arte, identità. I pini di Roma sono stati evocati da Ottorino Respighi nella sua celebre sinfonia "Pini di Roma", dove ogni movimento musicale evoca l'atmosfera di luoghi specifici: i Pini di Villa Borghese, quelli presso una catacomba, del Gianicolo, della Via Appia. Questa musica ha fatto sognare generazioni di persone in tutto il mondo, associando per sempre l'immagine di Roma ai suoi maestosi pini.
Pittori e artisti di ogni epoca hanno trovato nei pini romani una fonte inesauribile di ispirazione. Dalle vedute romantiche dell'Ottocento alle cartoline moderne, i pini fanno parte dell'immaginario collettivo della Città Eterna.
Il pino, nella cultura italiana e in particolare in quella romana, va ben oltre il semplice albero per assurgere a simbolo iconografico di profondo significato storico e identitario. La sua presenza nel paesaggio, nell'arte e nella letteratura ha plasmato l'immaginario collettivo, rendendolo un vero e proprio emblema.
Quando parliamo del pino come emblema culturale e iconografico, ci riferiamo alla sua capacità di evocare immediatamente un senso di luogo e di storia. Così come l'alloro è indissolubilmente legato alla laurea, diventando un simbolo universale di conoscenza e successo accademico, il pino si configura come il simbolo per eccellenza della romanità e del paesaggio mediterraneo.
Abbatterli significa cancellare non solo un patrimonio naturale, ma anche culturale e identitario di valore inestimabile.
Ma purtroppo non sono solo i pini le vittime di questa che viene definita opera di manutenzione del verde pubblico, tante altre specie arboree sono decimate, ad esempio anche i monumentali platani.
Ma c'è un'altra vittima di questa politica di manutenzione: la fauna urbana. Ogni albero abbattuto è un ecosistema distrutto. Nidi di uccelli, rifugi per piccoli mammiferi, insetti impollinatori: tutto viene spazzato via senza pietà. I cittadini sui social segnalano i danni alla avifauna e ai piccoli animali a seguito di abbattimento e potatura selvaggia, ma a quanto sembra le loro voci rimangono inascoltate.
La legge è chiara: la potatura degli alberi è vietata durante il periodo riproduttivo degli uccelli, generalmente da marzo a luglio, proprio per tutelare la nidificazione. Eppure, come segnalano i cittadini, vengono segati e potati alberi durante i mesi in cui fare questo è vietato.
Dal punto di vista economico come stanno le cose? Qui si tocca un altro punto dolente della questione. Mentre curare un pino con l'endoterapia costa tra i 45 e i 120 euro, abbatterlo può costare 800 - 1000 euro e più. Eppure sembra che l'amministrazione preferisca generalmente la via più costosa e definitiva. Perché?
La cocciniglia tartaruga, principale nemico dei pini romani, può essere combattuta efficacemente con trattamenti mirati. Ma è più semplice tagliare che curare? È più redditizio creare un ciclo infinito di abbattimenti e ripiantumazioni che investire nella manutenzione preventiva? E le tonnellate di legna degli alberi segati che fine fanno?
I cittadini sui canali social parlano di "business a spese dei contribuenti". La potatura selvaggia indebolisce gli alberi, che poi devono essere abbattuti. Le nuove piante, spesso messe a dimora nei mesi caldi senza adeguate cure, muoiono rapidamente. Il ciclo ricomincia, si spendono soldi dei cittadini e la città perde pezzi della sua identità.
E mentre si abbattono alberi il Sindaco predica conversione elettrica e sostenibilità e pubblicizza il mancato taglio dell'erba in determinate zone per sostenere la biodiversità. Sa un po' di presa in giro per i romani che vedono sparire l'ombra dalle loro strade e il verde dai loro quartieri mentre possono ammirare chilometri di strade e marciapiedi invasi da erbacce.
L'amministrazione parla di "monitoraggio su 340mila alberi pubblici" e di "campagna di rinnovo mai vista in 20 anni". Ma, come abbiamo visto, i fatti raccontano altro: alberi sani abbattuti o potati in modo dannoso, sostituzioni fantasma, marciapiedi danneggiati e temperature estive sempre più insopportabili per mancanza di copertura arborea.
Forse era il caso di coinvolgere la cittadinanza e le associazioni in questa campagna di rinnovo magari evitando di spendere soldi per i ridicoli "alberi in vaso" posizionati in alcune fermate degli autobus e nelle piazze storiche come Piazza Risorgimento, destinati a diventare secchi per rifiuti, come denunciano giustamente i cittadini.
Tra le associazioni che stanno conducendo una difficile battaglia contro la mattanza degli alberi che sembrano essere diventati, per molti amministratori locali, un nemico pubblico, ce n'è una a Roma dal nome emblematico; La voce degli alberi – C.U.R.A.A. (Cittadini Uniti per Roma i suoi Alberi e loro Abitanti), la cui artefice è Jacopa Stinchelli, saggista e critica d'arte.
Questa associazione segue da vicino la vicenda dei Pinus Pinea e della loro malattia, problema che altri segnalarono già nel 2019 quando fu inviata una lettera al Presidente Sergio Mattarella per segnalare l'urgenza di intervenire a salvaguardia dei maestosi pini italiani, presenti anche nella tenuta presidenziale di Castel Porziano. Nel 2021 fu emesso un Decreto ministeriale che indicava i metodi necessari per trattare i pini colpiti.
Quello che è avvenuto dopo è invece sotto gli occhi di tutti, tagli indiscriminati, alberi lasciati seccare senza alcun intervento ed inoltre non ci si è limitati ai pini malati ma si è passati ad abbattere anche altre specie arboree.
Gli interventi sono stati lasciati in mano a Ditte che di fatto hanno deciso quali alberi tagliare e quali no e, come si può leggere dalle segnalazioni di tanti cittadini, generalmente si è preferito tagliare quando avrebbero dovuto essere i tecnici comunali a decidere dove e come intervenire.
La richiesta più volte fatta dalla Stinchelli è semplice e di buon senso; serve trasparenza e un censimento di tutti gli alberi che sono stati abbattuti e che la necessità di eventuali abbattimenti sia certificata ed autorizzata da esperti indipendenti.
Serve poi progettare la compensazione dei pini e degli altri alberi abbattuti e non procedere con iniziative che sembrano più degli spot a favore della amministrazione comunale coi video del Sindaco che pianta minuscoli alberelli. Quanto tempo sopravviveranno specie se piantati nei mesi caldi?
Roma non può permettersi di perdere altro patrimonio arboreo. Servono perizie trasparenti, cure preventive, rispetto per i tempi biologici della natura. Servono amministratori che capiscano che un pino centenario non si sostituisce con un alberello che probabilmente morirà entro l'anno.
Il patrimonio arboreo romano è un bene comune che appartiene a tutti i cittadini e alle generazioni future, va gestito con la necessaria competenza. A proposito di generazioni...ma quei baldi giovani che occupavano le strade bloccando la circolazione per “salvare” l'ambiente che fine hanno fatto? Dovrebbero sapere che sono gli alberi che riducono la Co2!
È tempo di fermare questa strage silenziosa. È tempo di scegliere la cura invece della distruzione, la pazienza invece della fretta, la competenza invece dell'approssimazione. Roma e le sue meravigliose e vitali piante se lo meritano.

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